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capitolo i. | 73 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Verne - Racconti fantastici, 1874.pdf{{padleft:71|3|0]]del candeliere, l’accese e lo collocò presso ad una piccola vergine di cera che stava entro la sua nicchia di sasso. Era uso d’inginocchiarsi dinanzi a questa madonna protettrice del focolare domestico domandandole di estendere la grazia benevola sulla prossima notte; ma in quella sera Geranda stette silenziosa al suo posto.
«Ebbene! cara signorina, disse Scolastica stupita, la cena è terminata ed ecco l’ora della buona notte. Volete affaticare la vista nelle veglie prolungate, ah, santa Vergine! bisogna pur dormire e trovare un po’ di gioia nei vaghi sogni. In questi tempi maledetti in cui viviamo, chi può permettersi una giornata di felicità?
— Non bisognerebbe mandar a cercare qualche medico per il babbo? domandò Geranda.
— Un medico! esclamò la vecchia domestica. Forse che mastro Zaccaria ha mai prestato orecchio a tutte le loro fantasie ed alle loro sentenze? Vi possono essere dei medici per gli orologi, ma non pei corpi umani.
— Che fare, mormorò Geranda, si è egli rimesso al lavoro, od è andato a riposare?
— Geranda, rispose dolcemente Aubert, qualche contrasto morale affligge mastro Zaccaria, ecco tutto.
— E vi è noto, Aubert?
— Forse, Geranda.
— Raccontateci codesto, esclamò vivamente Scolastica spegnendo parsimoniosamente il cero.
— Da molti giorni, Geranda, disse il giovane operaio, accade un fatto assolutamente incomprensibile. Tutti gli orologi che vostro padre ha fabbricati e venduti da qualche anno, si fermano d’improvviso. Gliene furono portati un gran numero.
Egli li ha smontati, ed ha visto che le molle erano in buon stato e le ruote perfettamente in ordine; li ha rimontati colla massima cura, ma, malgrado la sua abilità, non hanno più camminato.
— C’è il diavolo là sotto, esclamò Scolastica.
— Che vuoi dire? domandò Geranda, questo fatto mi pare