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martino. | 401 |
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Tinti d’argento il tergo
Guizzano in fondo all’acque
I pesci, a cui l’albergo
Laggiù segnar mi piacque.
215Le pecchie industrïose
Rimira tra que’ fiori
Che alle cellette ascose
Tornan co’ dolci umori.
Se il mansuëto regno
220Intender ne sapessi
Vergogna avresti e sdegno
De’ tuoi superbi eccessi.
Ma le mie schiere alate
Del sol seguendo il raggio
225Cangian le sedi amate
Com’è l’ottobre o il maggio.
Presentan le stagioni
Le specie lor distinte
A torme ed a squadroni
230Di penne vario-pinte.
Sue nunzie e messaggere
La primavera manda
Le rondin che leggiere
Scorrono d’ogni banda.
Zanella | 26 |
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