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l'incoronazione. 77

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Il Toscano Morfeo vien lemme lemme
  Di papaveri cinto e di lattuga,
  Che per la smania d’eternarsi asciuga
  Tasche e Maremme.

Co’ Tribunali e co’ Catasti annaspa;
  E benchè snervi i popoli col sonno,
  Quando si sogna d’imitare il nonno,
  Qualcosa raspa.

Sfacciatamente degradata torna
  Alle fischiate di sì reo concorso,
  Lei che l’esilio consolò del Côrso
  D’austriache corna.

Ilare in tanta serietà si mesce
  Di Lucca il protestante Don Giovanni,
  Che non è nella lista de’ tiranni
  Carne nè pesce.

Nè il Rogantin dì Modena vi manca,
  Che avendo a trono un guscio di castagna,
  Come se fosse il Conte di Culagna,
  Tra i Re s’imbranca.

Roghi e mannaie macchinando, vuole
  Con derise polemiche indigeste,
  Sguaiato Giosuè di casa d’Este,
  Fermare il sole.

Solo a Roma riman Papa Gregorio,
  Fatto zimbello delle genti ausonie.
  Il turbin dell’età, nelle colonie
  Del Purgatorio,

Dell’indulgenze insterilì la zolla
  Che già produsse il fior dello zecchino:
  Or la bara infruttifera il becchino
  Neppur satolla.

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