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92 a girolamo tommasi.

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Tommasi, l’umor mio tra mesto e lieto
  Sgorga in versi balzani e semiseri;
  Nè so piallar la crosta ai miei pensieri,
  Nè so star cheto.

Anch’io sbagliai me stesso, e nel bollore
  Degli anni feci il bravo e l'ispirato,
  E pagando al Petrarca il noviziato
  Belai d’amore;

Ma una voce segreta ogni momento,
  Giù dai fondacci della coscîenza,
  Mi brontolava in tutta confidenza:
  «Muta strumento.

» Perché temi mostrar la tua figura,
   » Se nella giubba altrui non l’hai contratta?
   » Dell’ombra propria, come bestia matta,
   » Ti fai paura.

» I tuoi concetti, per tradur te stesso,
   » Rendi svisati nel prisma dell’arte,
   » E di secondo lume in sulle carte
   » Torbo reflesso.

» L’indole tua così falsificando,
   » Se fai d’alchimia intonaco alla pelle,
   » Del tempo passerai dalle gabelle
   » Di contrabbando?

» Scimmia, se gabberai le genti grosse,
   » Temi l’orecchio spalancato al vero
   » Che ne’ tuoi sforzi dell’inno guerriero
   » Sente la tosse.

» Chi nacque al passo, e chi nacque alla fuga:
   » Invano invano a volgere il molino
   » Sforzi la zebra, o a farti il procaccino
   » La tartaruga.

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