< Pagina:Versi di Giuseppe Giusti.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
94 a girolamo tommasi.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Versi di Giuseppe Giusti.djvu{{padleft:118|3|0]]


Beato me, se mai potrò la mente
  Posar quïeta in più sereni obietti,
  E sparger fiori e ricambiare affetti
  Soavemente.

Cessi il mercato reo, cessi la frode,
  Sola cagion di spregio e di rampogna;
  E il cor rifiuta di comun vergogna
  Misera lode.

Ma fino a tanto che ci sta sul collo,
  Sorga all’infamia dalla nostra voce,
  Di scherno armata e libero e feroce,
  Protesta e bollo.

Come se corri per le gallerie
  Vedi in confuso un barbaglio di quadri,
  Così falsi profeti e balì ladri,
  Martiri spie,

Mercanti e birri in barba liberale,
  Mi frullan per la testa a schiera a schiera:
  Tommasi, mi ci par l’ultima sera
  Di Carnevale.

Ecco i miei personaggi, ecco le scene,
  E degli scherzi la sorgente prima:
  Se poi m’è dato d’infilar la rima
  O male, o bene,

Scrivo per me, scemandomi la noia
  Di questa vita grulla e inconcludente,
  Torpido per natura, e impazïente
  D’ogni pastoia.

Chi mira al fumo, o a quello che si conia,
  Dalle gazzette insegnamenti attinga,
  E là si stroppi il cranio, o nella stringa
  Del De Colonia.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.