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all'amico nella primavera del 1841. 97

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Soave cosa un’adorata immago
  Sempre vedersi innante,
  E serenare in lei l’animo pago,
  In lei bearsi riamato amante,
  E di sè nell’oblio
  Viver per altri in un gentil desio.

Oh! mi sovviene un tempo a cui sospiro
  Sempre dal cor profondo:
  Or che degli anni miei declina il giro
  E agli occhi stanchi si scolora il mondo,
  Passa la mia giornata
  Dalla stella d’amor non consolata.

Pure, a quel tempo ripensando, parmi
  Gustar di quella pace,
  E alle speranze antiche abbandonarmi.
  Così, se cessa il canto e l’arpa tace,
  Senti per l’aere ancora
  Vagare e mormorar l’onda sonora.

Non farò come quei che al pellegrino
  Fonti e riposi addita,
  Tacendo i mali e i dubbi del cammino:
  Forse da cara mano a te la vita,
  Di basse frodi ignaro,
  Sarà cosparsa di veleno amaro.

Sgomento grave al cor ti sentirai,
  Quando svanire intorno
  Vedrai l’auree speranze e i sogni gai;
  Quando agl’idoli tuoi cadranno un giorno
  Le bende luminose
  Che la tua mano istessa a lor compose.

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