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all'amico nella primavera del 1841. | 97 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Versi di Giuseppe Giusti.djvu{{padleft:121|3|0]]
Soave cosa un’adorata immago
Sempre vedersi innante,
E serenare in lei l’animo pago,
In lei bearsi riamato amante,
E di sè nell’oblio
Viver per altri in un gentil desio.
Oh! mi sovviene un tempo a cui sospiro
Sempre dal cor profondo:
Or che degli anni miei declina il giro
E agli occhi stanchi si scolora il mondo,
Passa la mia giornata
Dalla stella d’amor non consolata.
Pure, a quel tempo ripensando, parmi
Gustar di quella pace,
E alle speranze antiche abbandonarmi.
Così, se cessa il canto e l’arpa tace,
Senti per l’aere ancora
Vagare e mormorar l’onda sonora.
Non farò come quei che al pellegrino
Fonti e riposi addita,
Tacendo i mali e i dubbi del cammino:
Forse da cara mano a te la vita,
Di basse frodi ignaro,
Sarà cosparsa di veleno amaro.
Sgomento grave al cor ti sentirai,
Quando svanire intorno
Vedrai l’auree speranze e i sogni gai;
Quando agl’idoli tuoi cadranno un giorno
Le bende luminose
Che la tua mano istessa a lor compose.
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