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136 per il ritratto di dante.

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Qui l’asino s’indraca
  Stolidamente, e con delirio alterno
  Vista la greppia poi raglia, si placa,
  E muta basto dalla state al verno.
  Libertà va gridando ch’è sì cara
  Ciurma ozïosa, ignara,
  E chi per barattare ha l’occhio aguzzo;
  Nè basta Giuda a sostenerne il puzzo.

L’antica gloria è spenta,
  E le terre d’Italia tutte piene
  Son di tiranni, e un martire doventa
  Ogni villan che parteggiando viene.
  Pasciuto in vita di rimorsi e d’onte,
  Dai gioghi di Piemonte,
  E per l’antiche e per le nuove offense
  Caina attende chi vita ci spense.

Oggi mutata al certo
  La mente tua s’adira e si compiagne
  Che il Giardin dell’Imperio abbia sofferto
  Cesare armato con l’unghie grifagne.
  La mala signoria che tutti accora
  Vedi come divora
  E la lombarda e la veneta gente,
  E Modena con Parma n’è dolente.

Volge e rinnova membre
  Fiorenza, e larve di virtù profila
  Mai colorando, che a mezzo novembre
  Non giunge quello che d’ottobre fila.
  Qual è de’ figli suoi che in onor l’ama,
  A gente senza fama
  Soggiace, e i vermi di Giustinïano
  Hanno fatto il suo fior sudicio e vano.

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