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per il ritratto di dante. 137

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Basso e feccioso sgorga
  Nel Serchio il bulicame di Borbone,
  E in quel corno d’Ausonia che s’imborga
  Di Bari, di Gaeta e di Crotone;
  E la bella Trinacrï

   
a consuma,

  Che là dov’arde e fuma
  Dall’alto monte vede ad ora ad ora
  Messo Palermo a gridar — mora, mora!

Al basso della ruota
  La vendetta di Dio volge la chierca:
  La gente che dovrebbe esser devota,
  Là dove Cristo tutto dì si merca,
  Puttaneggiar co’ regi al mondo è vista;
  Che di farla più trista
  In dubbio avidi stanno, e l’assicura
  Di fede invece la comun paura.

Del par colla papale
  Già l’ottomanna tirannia si sciolse,
  Là dove Gabriello aperse l’ale,
  E dove Costantin l’aquila volse.
  Forse Roma, Sionne e Nazarette,
  E l’altre parti elette,
  Il gran decreto, che da sè è vero,
  Libere a un tempo vuol dall’adultero.

Europa, Affrica è vaga
  Della doppia ruina; e le sta sopra
  Il Barbaro, venendo da tal plaga
  Che tutto giorno d’Elice si cuopra,
  E l’angla nave all’orïente accenna:
  Ma, lenta, della Senna
  Turba con rete le volubili acque
  La Volpe che mal regna e che mal nacque,

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