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per il ritratto di dante. | 137 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Versi di Giuseppe Giusti.djvu{{padleft:161|3|0]]
Basso e feccioso sgorga
Nel Serchio il bulicame di Borbone,
E in quel corno d’Ausonia che s’imborga
Di Bari, di Gaeta e di Crotone;
E la bella Trinacrï
Che là dov’arde e fuma
Dall’alto monte vede ad ora ad ora
Messo Palermo a gridar — mora, mora!
Al basso della ruota
La vendetta di Dio volge la chierca:
La gente che dovrebbe esser devota,
Là dove Cristo tutto dì si merca,
Puttaneggiar co’ regi al mondo è vista;
Che di farla più trista
In dubbio avidi stanno, e l’assicura
Di fede invece la comun paura.
Del par colla papale
Già l’ottomanna tirannia si sciolse,
Là dove Gabriello aperse l’ale,
E dove Costantin l’aquila volse.
Forse Roma, Sionne e Nazarette,
E l’altre parti elette,
Il gran decreto, che da sè è vero,
Libere a un tempo vuol dall’adultero.
Europa, Affrica è vaga
Della doppia ruina; e le sta sopra
Il Barbaro, venendo da tal plaga
Che tutto giorno d’Elice si cuopra,
E l’angla nave all’orïente accenna:
Ma, lenta, della Senna
Turba con rete le volubili acque
La Volpe che mal regna e che mal nacque,