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LA SCRITTA.


PARTE PRIMA.


Pesa i vecchi diplomi e quei d’ieri,
  Di schietta nobiltà v’è carestia:
  Dacchè la fame entrò ne’ Cavalieri,
  La tasca si ribella all’albagia.
  Ma nuovi sarti e nuovi rigattieri
  A spogliare e vestir la signoria
  Manda la Banca, e le raschiate mura
  Ripiglian l’oro della raschiatura.

Poco preme l’onor, meno il decoro;
  E al più s’abbada a insudiciare il grado:
  Che se grandi e plebei calan tra loro
  A consorzio d’uffici o a parentado,
  Necessità gli accozza a concistoro
  O a patto coniugal, ma avvien di rado
  Che non rimangan gli animi distanti,
  E la mano del cor si dà co’ guanti.

Un de’ nostri Usurai messe una volta
  L’unica figlia in vendita per moglie,
  Dando al patrizio che l’avesse tolta
  Dello fraterne vittime le spoglie,
  Purchè negli usci titolati accolta
  Venisse, a costo di rifar le soglie,
  E colle nozze sue l’opere ladre
  Nobilitasse del tenero padre.

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