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172 | i brindisi. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Versi di Giuseppe Giusti.djvu{{padleft:196|3|0]]cozzandoli insieme, un brindisi alla predica e al predicatore; e l’urto fu così scomposto, che il più ne bevve la tovaglia. Toccava all’altro, il quale con certi atti dinoccolati, e senza cercare aiuto nel vino, disse: Signori, io in questi giorni non ho potuto mettere insieme nulla di buono per voi; ma ho promesso e non mi ritiro. Solamente vi prego di lasciarmi dire un certo brindisi che composi tempo fa per la tavola d’uno, che quando invita non dice: venite a pranzo da me, ma si tiene a quel modo più vernacolo, o se volete più contadinesco: domani mangeremo un boccone insieme. Udirono la mala parata, e il poeta incominciò:
BRINDISI PER UN DESINARE ALLA BUONA.
A noi qui non annuvola il cervello
La bottiglia di Francia e la cucina;
Lo stomaco ci appaga ogni cantina,
Ogni fornello.
I vini, i cibi, i vasi apparecchiati
E i fior soavi onde la mensa è lieta,
Sotto l’influsso di gentil pianeta
Con noi son nati.
Queste due strofe non fecero nè caldo nè freddo.
Chi del natio terreno i doni sprezza,
E il mento in forestieri unti s’imbroda,
La cara patria a non curar per moda
Talor s’avvezza.
Filtra col sugo di straniere salse
In noi di voci pellegrina lue;
Brama ci fa d’oltramontano bue
L’anime false.
Qui il padrone e gl’invitati cominciarono a sentirsi una pulce negli orecchi.