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l'amor pacifico. 179

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Quando arriva Taddeo, siede e domanda:
  Cara, che fai? come va l’appetito? —
  Mi contento, risponde Veneranda;
  E tu, anima mia, com’hai dormito? —
  Undici ore, amor mio, tutte d’un fiato:
  A mezzo giorno, o sbaglio, o t’ho sognato. —

E per dell’ore poi resta lì fermo,
  Duro, in panciolle, zitto come un olio;
  O tirando sbadigli a cantofermo,
  Come se fosse zucchero o rosolio
  Si succhia in pace l’apatia serena
  Di quel caro faccione a luna piena.

Dal canto suo la tepida signora,
  Quasi supina colla calza in mano,
  Infilando una maglia ogni mezz’ora,
  Ride belando al caro pasticciano,
  E torna a dimandar di tanto in tanto:
  Lo vuoi stamane un dito di vin santo? —

Perchè questa signora, hai da sapere,
  Che invece di bijou, di porta-spilli,
  Di rococò, di bocce e profumiere,
  E di quei mille inutili gingilli,
  Di che, sciupando un monte di quattrini,
  Tu gremisci vetrine e tavolini;

Come donna da casa e che sa bene
  Il gusto proprio e quello di chi l’ama,
  In luogo di quei ninnoli, ci tiene
  Bottiglie, che so io, bocche di dama,
  Paste, sfogliate ripiene di frutta,
  Tanto per non amarsi a bocca asciutta.

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