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  Tibi quoque, tibi quoque
  È concessa facoltà
  Di potere in jure utroque
  Gingillar l’umanità.
  La manía di Sere Imbroglia,
  Che nel cranio ti gorgoglia,
  Ti rialza fuor di squadro
  Il bernoccolo del ladro.

  Che ti resta, che ti resta
  D’uno sgobbo inconcludente
  In quel nocciolo di testa,
  Sepoltura della mente?
  Ma se l’anima di stoppa
  Se n’è tinta per la groppa,
  Tanto basta, tanto basta
  Per ficcar le mani in pasta.

  Infilando la giornea
  D’avvocato o di notaio,
  Che t’importa la nomea
  Se t’accomodi il fornaio?
  Tu se’ nato a fare il bracco,
  Il giannizzero, il cosacco,
  E compensi il capo corto
  Coll’andare a collo torto.

  O pinzochero fiscale,
  Ti si legge chiaro in viso
  Che galoppi al Tribunale
  Per la via del Paradiso;
  E di più c’è stato detto
  Che lavori di soffietto,
  Devotissimo ab antico
  Dell’Apostolo dal fico.

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