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  Ma quel Giuda era un buffone,
  Un vilissimo figuro:
  Tu, vincendo il paragone,
  Mostrerai che a muso duro
  Si può vendere un Messia,
  Senza far la scioccheria
  Di morire a gozzo stretto
  E di rendere il sacchetto.


II.


Nel mare magno della Capitale,
  Ove si cala e s’agita e ribolle
  Ogni fiumana e del bene e del male;

Ove flaccidi vizi e virtù frolle
  Perdono il colpo nel cor semivivo
  Di gente doppia come le cipolle;

Ove in pochi magnanimi sta vivo,
  A vitupero d’una razza sfatta,
  Il buon volere e il genio primitivo;

E dietro a questi l’infinita tratta
  Del bastardume, che di sè fa conio,
  E sempre più si mescola e s’imbratta;

Col favor della Musa o del Demonio
  Che il crin m’acciuffa e là mi scaraventa,
  Entro e mi caccio in mezzo al Pandemonio.

O patria nostra, o fiaccola che spenta
  Tanto lume di te lasci, e conforti
  Chi nel passato sogna e si tormenta;

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