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220 il giovinetto.

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Si paragona al fiore
  Che innanzi tempo cade,
  A cui manca il tepore
  E le molli rugiade;
  E non ha cuor nè senno
  Di dir: mi sento menno.

Ricco dell’avvenire,
  Casca sull’orme prime;
  Balbetta di morire...
  E di che? Di lattime?
  O anima leggera,
  Sfiorita in primavera,

Spossate ambizïoni,
  Scomposti desidéri,
  Mole, aborti, embrioni
  Di stuprati pensieri,
  E un correre alla matta
  Col cervello a ciabatta,

In torbida anarchia
  Ti tengono impedita.
  Per troppa bramosia
  D’affollarti alla vita,
  T’arrabatti nel Limbo,
  Paralitico bimbo.

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