< Pagina:Versi di Giuseppe Giusti.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

il sortilegio. 233

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Versi di Giuseppe Giusti.djvu{{padleft:257|3|0]]


A farlo apposta, tra le notti belle
  Vedute al mondo, questa, a mia sfortuna,
  Si potea dir bellissima: le stelle
  Erano fuori, tutte, fin a una!
  Se a sciuparmi le tenebre con quelle
  Fosse venuta in ballo anco la luna,
  Piantavo la novella, e buona sera:
  Tiriamo avanti, la luna non c’era.

Zitti, spiando intorno, e come un branco
  Di lupi ingordi..... Adagio, e colle buone;
  Il lupo è detto. — Di corvi? — Nemmanco,
  Che di notte non vanno a processione;
  Sicchè dunque dirò, lasciato in bianco,
  Per questa volta tanto, il paragone,
  Che s’avviò la frotta al Cimitero,
  (E passi per la rima) all’aer nero.

Intanto qua e là s’era aggirata
  Ratta, intendendo la vista e l’udito,
  Quella povera donna sconsolata
  Inutilmente cercando il marito;
  E stanca per que’ sassi, e disperata
  Della traccia, per ultimo partito
  Alla Chiesa risolse incamminarsi,
  E là piangere, e a Dio raccomandarsi.

Su per una viottola scoscesa
  Va la meschina risolutamente,
  E all’orlo del sacrato appena ascesa
  Che fa piazzetta, sul poggio eminente,
  Ode, o le pare, là, verso la Chiesa
  Un sordo tramenío, come di gente
  Che soprarrivi cheta e frettolosa,
  E s’argomenti di tentar qualcosa.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.