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sant’ambrogio | 243 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Versi di Giuseppe Giusti.djvu{{padleft:267|3|0]]
Un cantico tedesco lento lento
Per l’äer sacro a Dio mosse le penne:
Era preghiera, e mi parea lamento,
60D’un suono grave, flebile, solenne,
Tal, che sempre nell’anima lo sento:
E mi stupisco che in quelle cotenne,
In que’ fantocci esotici di legno,
64Potesse l’armonia fino a quel segno.
Sentía nell’inno la dolcezza amara
De’ canti uditi da fanciullo: il core
Che da voce domestica gl’impara,
68Ce li ripete i giorni del dolore:
Un pensier mesto della madre cara,
Un desiderio di pace e d’amore,
Uno sgomento di lontano esilio,
72Che mi faceva andare in visibilio.
E quando tacque, mi lasciò pensoso
Di pensieri più forti e più soavi.
Costor, dicea tra me, Re pauroso
76Degl’italici moti e degli slavi,
Strappa a’ lor tetti, e qua senza riposo
Schiavi gli spinge per tenerci schiavi;
Gli spinge di Croazia e di Boemme,
80Come mandre a svernar nelle Maremme.
A dura vita, a dura disciplina,
Muti, derisi, solitari stanno,
Strumenti ciechi d’occhiuta rapina
84Che lor non tocca e che forse non sanno:
E quest’odio che mai non avvicina
Il popolo lombardo all’alemanno,
Giova a chi regna dividendo, e teme
88Popoli avversi affratellati insieme.