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la rassegnazione. | 247 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Versi di Giuseppe Giusti.djvu{{padleft:271|3|0]]
Questo vostro dolciume umanitario,
Questa fraternità tanto esemplare,
Che di santa che fu là sul Calvario
L’hanno ridotta ad un intercalare,
Vo’ l’usereste, ditemi, appuntino
Tanto al ladro diritto che al mancino?
Oh io, per ora, a dirvela sincera,
Mi sento paesano paesano:
E nel caso, sapete in qual maniera
Sarei fratello del genere umano?
Come dice il proverbio: amici cari,
Ma patti chiari e la borsa del pari.
Prima, padron di casa in casa mia;
Poi, cittadino nella mia città;
Italiano in Italia, e così via
Discorrendo, uomo nell’umanità:
Di questo passo do vita per vita,
E abbraccio tutti e son cosmopolita.
La Carità l’è santa, e tra di noi
Che siamo al sizio venga e si trattenga;
Ma verso chi mi scortica, po’ poi,
Io non mi sento carità che tenga:
Padrino, chi mi fa tabula rasa,
Pochi discorsi, non lo voglio in casa.
Questa marmaglia di starci sul collo
Non si contenta, ma tira a dividere,
Tira a castrare e a pelacchiare il pollo,
Come suol dirsi, senza farlo stridere:
E la pazienza in questo struggibuco
La mi doventa la virtù del ciuco.