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280 alli spettri del 4 settembre 1847.

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Ficcati, Abbondio; e al popolo ammirato
  Di te, che armeggi e fai tanto baccano,
  Urla che fosti ancor da sotterrato,
  Repubblicano.

Voi, liberali, che per anni ed anni
  Alimentaste il fitto degli orecchi,
  Largo a’ molluschi! e andate co’ tiranni
  Tra i ferri vecchi.

A questo fungo di Settembre, a questa
  Civica larva sfarfallata d’ora,
  Si schioda il labbro e gli ribolle in testa
  Libera gora.

Già già con piglio d’orator baccante
  Sta d’un Caffè, tiranno alla tribuna;
  Già la canèa de’ botoli arrogante
  Scioglie e raguna.

Briaco di gazzette improvvisate,
  Pazzi assïomi di governo sputa
  Sulle attonite zucche, erba d’estate
  Che il verno muta.

«Diverse lingue, orribili favelle,»
  Scoppiano intorno; e altèra in baffi sconci
  Succhia la patriottica Babelle
  Sigari e ponci.

Dall’un de’ canti, un’ombra ignota e sola
  Tien l’occhio al conventicolo arruffato,
  E vagheggia il futuro, e si consola
  Del pan scemato.

Stolta! se v’ha talun che qui rinnova
  L’orgie scomposte di confusa Tebe,
  Popol non è che sorga a vita nuova,
  È poca plebe.

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