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il congresso de' birri. 295

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Noi non siam qui per prevenire il male:
  Giusto! Va là, sarebbe un bel mestiere!
  La così detta pubblica morale
  Anzi è l’inciampo che ci dà pensiere.
  Il vegliare alla quiete universale
  È un reggere a’ poltroni il candeliere:
  Quando uno Stato è sano e in armonia,
  Che figura ci fa la Polizia?

Se cesseranno i moti rivoltosi,
  Se scemeranno i tremiti al Governo,
  Nel pubblico ristagno inoperosi
  Dormirete nel fango un sonno eterno.
  Popoli in furia e Principi gelosi
  Son del nostro edifizio il doppio perno.
  Perchè giri la ruota e giri bene,
  Che la mandi il disordine conviene.

Tempo già fu, lo dico a malincuore,
  Che di Giustizia noi bassi strumenti,
  Addosso al ladro, addosso al malfattore,
  Miseri cani, esercitammo i denti;
  Ma poi che i Re ci presero in favore,
  E ci fecer Ministri e confidenti,
  Noi, di servi de’ servi, in tre bocconi
  Eccoci qui padroni de’ padroni.

Dividete e regnate.... A questo punto
  Suonò d’evviva la piazza vicina
  Al Principe col Popol ricongiunto,
  All’Italia e alla Guardia Cittadina.
  Fecero a un tratto un muso di defunto
  Tutti, nel centro, a dritta ed a mancina;
  E morì sulle labbra accidentato
  Il genio di quel Birro illuminato.

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