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(CIII.)

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S’orna, e si pregia, abbiano in cor dispetto,
Che Tu contra i lor vezzi in pria sì saldo,
Sì le amorose insidie a schernir destro,
115Quali indomita schiera al laccio colta,
Di straniera beltade or Tu sii preda?
Qual pensi, ch’in lor cor giurin vendetta,
Che ad Alma femminil tanto ognor piacque:
Certo se mai fui lusinghier cristallo
120Nuove di rapir cuori apprettan arti,
Onde l’onor di lor bellezza inulto
Ornai più non si resti, or è che tutte
Ne i vaghi Volti, ne i leggiadri fguardi,
Ne le vezzose parolette accorte
125Contra Te le adunaro. Ed ahi! che franto,
Se pur credibil è, che mai si franga
Quel, che or ti lega d’ amor dolce nodo,
Forza farà, clic in altro laccio, e forse
Non men tenace, e non men fermo inciampi.
130Piero, che dir degg’io! So, che invan sempre
Brava Filosofia ragionò, dove
Ti ranno affetto suo soverchio adopra.
Nulla dirotti. Te qual meglio seppi
In quelle carte a Te medesmo pinsi.


In

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