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(CVII.)

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  Pel ripulita l’una, e l’altra guancia?
  Il primo lume a gli occhi, il vigor primo
  Sarà tornato a le ginocchia? ed altro
  A regal mensa gusterai, che ingrate
  Polveri, ed acque, che per torto vetro
  A goccia a goccia lagrimaro, e prezzo
  Trasser da i vani speciosi nomi,
  E da la nostra in van credula speme?
Te pur vide il Teatro avide orecchie
  Porgere al canto, che sì vario, e dolce
  Da le canore emole bocche uscia.
  Dimmi, dov’eri allor, non ti parea
  Che ineffabil dolcezza, quasi fiume
  Repente l’alma t’inondasse, e i sensi?
  E se pur qualche non ben vinto avanzo
  Di febbre ancora ti scorrea le fibre,
  Non lo vinse il piacer, che ratto corse
  Tutti a dettar tuoi spiriti vitali,
  E limpidi, e vivaci li condusse
  Di vena in vena, e gli ordinò nel core?
  Certo quello fu il dittamo, che indarno
  Ne l’arte fua cerca Galen, ne’l trova:
  Quello il balsamo fù, che ti disciolse

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