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(XIII.) |
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A me si care, or che sentir si fanno
20A i dilicati, ed a i Poeti infeste
Le fresche mattutine aure d’Autunno,
Presi, dico, a pensar per quante vie
Desiosa d’onor schiera d’ingegni
Poggiar s’affanni sul canoro Monte
25Per aver colatsù, se pure a Febo
Sarà in grado, e a le Dee, dotta ghirlanda
Di sacro Lauro, e d’amoroso Mirto.
Questi tentando su le dubbie scene
Di murate fortune illustri esempli
30Grave si calza il Sofocleo Coturno,
E quando estima in Teatrale Arena
Del taciturno Popolo, che ascolta
Di fscreto terror compunger l’Alme,
E di pietade, che furtiva i volti
35D’inaspettate lacrime cosperga,
Vede nojosa, e come marmo fredda
L’accolta Gente, che su i folti scanni
Si torce sbadigliando, e lassa chiede
Che d’alto in giù la mal sospefa tela
40Caggia, e l’ingrato recitar finisca.
Quegli in cor volge, e ne le lunghe notti,
E fu |
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