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(XV.) |
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Chi poi vago di gir per anco intatte
65Da poetico piè strade, che primo
Pindaro tenne, e con felice ardire
Flacco poi corse, e ricalcò di poi
Il Savonese mio, che primier seppe
Pien d’immagini vive, e caldo d’estro
70Armar di Greche, e di Latine corde
L’Itala cetra, oh come a i passi incerti
In sul duro cammin sente, che in breve
Manca lena, e consiglio, e come tardi
Scorge, che a pochi da le Muse è dato
75Stampar perenne, e memorabil’orma
Su quei sentier ricchi di luce, e sparsi
Di velato saper, che de l’ignaro
Vulgo fugge gli sguardi, e i Saggi suole
Ferir di meraviglia, e di diletto!
80Io più ch’altri, mel so, che mal soffrendo
Soverchie leggi al poetar prescritte
Solo feconde d’abborrito stento,
Non senza studio, di natura volli,
Come de la miglior Maestra prima
85Ir secondando i buon principi, e i moti;
E quasi nuotator, che usato, ed atto
Sen- |
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