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(XVII.) |
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110 Come poi raro sia, chi dopo Plauto
Padre del riso, e de i giocosi sali,
E il candido Terenzio agguagli il prisco
Menandro, e a i nostri dì pregio a le Tosche
Poche leggiadre auree Commedie accresca,
115Bernier, tei vedi. A talun facil sembra
Cingersi l’umil socco, e sul Teatro
Condur malvagio servo, o troppo dolce
Credula Madre, o simulante Figlia,
Che di secreto Amor pungol già sente,
120O indocile garzon, che al ben rinchiuso,
E riposto tesor del Padre avaro
Tende incessanti insidie, e a goder dato
L’ore presenti, l’avvenir non cura;
Ma quando in questo faticoso guado
125Poi mette i pronti remi, oh quanti incontra
Non preveduti, sventurati inciampi
D’occulte secche, dove urtando rompe,
Che malagevol è, senza dolore
Turpezza rinvenir, che riso desti,
130Ed imitando con piacer corregga
Il guasto, e vario popolar costume.
Infin pensai, ch’altri salire in grido
C | Po- |
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