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(XXIII.)

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 Teco chiamasti ad abitar su l’Istro,
  65Nobil Cultor di Pindo, e de le prische
  Storie, Maestre de la vita, amico,
  Non io di quanti, per sì caro, e santo
  Nodo trasser quaggiù beati giorni
  Farò memoria; perche in ampia Messe
  70Scerre mi giova sol due spiche elette,
  Che d’aureo gruppo novamente avvinte
  Veggio or lungo la Parma empier di speme
  E di gioconditate i patrj solchi.
  Veggio il Melio Garzon, che ne le vene
  75Non tralignante mai volve il buon sangue
  Succo regal: Veggio 1’eccelsa Donna,
  Cui lo accoppiar gli Dei, Donna, che vero,
  E degno germe del Collalto ceppo,
  Venne per lungo onor d’Avoli egregi
  80Dei Longobardi Re da 1’alta stirpe.
  Qual’ altra vide, o qual vedrà più lieta
  Altra copia di poi 1’Italo Cielo?
Di, se dal ver mi parto, e se i miei detti,
  O Dio Febo, di lusinga aspergo.
  85Forse tu cinto di purpuree rose,
  Novo in sul Taro celebrato Sposo


Caro

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