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(XXVI.)

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  E de la Patria onor, Garzon bennato,
  135Ed in buon punto ardesti al puro foco
  Di quelle luci, che ver Te pietose
  L’inelita Giuliana alfin converse.
  Mira qual ben disposto, ed agil corpo
  Avvolga in ricchi manti, e come i passi
  140In leggiere volubili carole
  Vezzosamente maestosa intrecci.
  Odi in quante non sue culte favelle
  Schiuda gl’ interni sensi, e, quasi vena
  Di presto mele ibleo, versi tesoro
  145Di peregrini accenti. In Lei ravvisa
  Le materne virtù; ravvisa in Lei
  Trasfufo il Genitor, che tanto accresce,
  E tanto illustra lo splendor de gli Avi.
Mestier certo io non ho di pormi a tergo
  150Immaginate penne, e gir nel grembo
  Caliginoso de i futuri tempi,
  E là dentro veder, qual deggia questo
  Nobile Par d’Amanti al secol nostro
  Dar generosi Figli, ond’ abbian grido
  155Le Toghe, e gli Ostri, e le onorate spade,
  E l’Italico nome in pregio torni;


Pe-

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