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(XXXIII.)

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  20Gli sguardi adesca, e ne deliba i primi
  Timidi Voti, e la secreta fiamma!
  Dissi ad Euterpe: Queste Idalie rose,
  Che fè su i gioghi germinar di Pindo
  Il Savonese mio, Dea, se ’1 concedi,
  25Del tuo diletto Aurelio, onde han più grido
  Le Tosche rime, ed i purgati inchiostri,
  Saranno al fausto Talamo serbate.
  Sorrise a i detti miei l’alta Maestra
  De le canore corde, e lampeggianti
  30Fin da quel giorno di serena gioja
  Girò le belle luci, ond’ Ella suole
  A i sommi Vati, e di sua vista degni
  Versar ne l’alma, ed agitare in petto
  Gli estri divini, e le Febee faville.
  35Ed oggi lieta, e rilucente in manto
  Aspro di gemme, e col nettareo grembo
  Pien di corone, e con la cetra in mano
  Non Ella forse in sul mattin m’apparve,
  E vive, e pronte a i Nuziali carmi
  40Non mi spirò nel seno aure celesti?
Bernier, qual resta di bennata Pianta
  Talora unico germe, onde poi novi


E Sor-

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