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(XXXVIII.) |
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135Ma Tu sai, che Bellezza è breve pregio,
Che, qual fior, presto ride, e presto langue;
E dritto Estimator sai, che se avea
Virtuti degne d’Apollineo canto
La mal rapita Greca, ond’Ilio cadde,
140Meno avrian detto del suo crin lucente,
E del fatal suo volto, onde fu preso
Il Pastorello Ideo, 1’Argive carte.
Io de la Tua dirò Luigia altera,
De i Magnanimi Rosa eccelso vanto,
145L’indole d’oro, e i graziosi modi,
L’intera fede, e l’affrettato senno,
E la pietà de’ suoi pensier reina,
Non però scabbra di rigor soverchio,
Ne del giocondo conversar nemica.
150Forse, ove Bacco riconduce i giorni
Al genio sacri, e di notturni balli
Rallegra il Mondo, ed a mentire insegna
Vesti, e sembianti, Ella talor non gode,
Come auretta d’April, che vola, e piega
155A pena le rinate erbe del prato,
Danzar leggiera, e raddolcir le cure?
Mani, più infaticabili, e più destre
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