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(LIV.) |
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Di medich’ erbe in su gli altar cosparsi,
Trasfigurato in lucid’ angue accolse,
90Favolosa, cred’io, prole di Febo.
Questi avrà a pena de le ambigue leggi
Corso i lunghi volumi, o pur vedute,
E non intese del buon veglio antico
Le sentenze, che a Coo dier tanta fama,
95E fra il lieto fragor di vostre cetre
Se gli porrà sul crin celebre alloro,
Onor d’Imperatori, e di Poeti,
Troppo oltraggiato onor, onde ne freme
Libero, qual son’ io, spirto, che nacqui
100Dove animosa libertà pensieri
Del retto amanti, e franchi genj instilla.
Misero Vulgo, sai chi debba in sommo
Pregio tenersi, e de’ Castalj modi
Farsi perpetuo memorabil segno?
105Quei, che da vecchi secoli traendo
Non interrotta mai vena di sangue
Generoso, e gentil, nè mai turbata
Da men pure commiste altre sorgenti,
Fornito di ricchezza, onde suo lume,
110E sue ragioni Nobiltà sostiene,
Pri- |
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