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(LVII.) |
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Ben consigliata, e di viltate ignara
Trasse prodezza, che non cieca ultrice
Non d’empietà, non di furor ministra,
160Ma per la patria, e per la fè con fermo
Braccio pronta a sfidar nobil periglio,
E del suo nome, e in un de’ suoi diritti,
Com’ equità, come dover le detta,
Senza rancor conservatrice accorta
165Sol per giusta difese al fianco appende
Illustre pels d’onorata spada.
Quei, che tai pregi in se germoglia, e nudre,
Quasi terren beato, ove non aspro
Silvestre cardo, ove di frutto scema
170Metter non osa sventurata felce,
Che a l’erbe liete, ed a i buon’ usi nate
La propria sede, e l’alimento usurpi;
Quei, cieco vulgo, in su le tese fila
De la curva testudine febea
175Dee celebrarsi, o se le patrie case
Al terminar de le stagion funeste
Provvido lascia, e a i tollerati danni
Schermo cercando, o se le proprie cose
Ricomposte, e cresciute a’ suoi ritorna.
H | E pe- |
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