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(LXIV.)

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  Tanto Ciel, tanto Suol, l’Istro vedesti,
  E là vedesti il bellicoso Carlo
  320Quaggiù nato a i trionfi, il qual già fermi
  D’Italia, e fermi già d’Europa i fati,
  A l’empio Oronte, e a l’infedele Arasse,
  Vero Campion di Dio, giuste catene
  Nei grandi pensier suoi volge, e destina.
  325Quindi quanto su Te Cesareo lume
  Poi non discese, o se de’ suoi consigli
  I sacri penetrali a Te schiudendo,
  Veder fè, guanto l’illibata fede,
  E la chiarezza del tuo sangue antico,
  330E quelle due, che ognor Ti stanno a lato,
  Prudenza, ed onestà, tue fide scorte,
  In pregio avesse: O se innocenza, e insieme
  Ragion per Te movendo atte preghiere,
  Che là di tutti avvalorar godea
  335II meritato amor, potesti a i lunghi
  Boemi danni ampio impetrar ristoro,
  E ben dura tentando opra di senno,
  Di tanti invano per Te corsi Autunni
  A i cumulati frutti aprir potesti
  340Non facil calle, che dal dì, che oppresse


Tur-

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