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(LXIX.) |
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20Volger quaggiù ver l’onorata Parma
Sguardi di gioja, e di pietate accesi.
Vedrebbel di lassù degnar tra mille
Quest’almo Tempio, che a Lui bianchi veli,
E sazie d’oro, e d’ostro a i Muri appende
25Seriche tele, e in lucidi cristalli
Da le festive volte a Lui risveglia
Tremoli raggi di votive faci,
Candido d’api iblee pregiato dono;
E sel vedrebbe, qual chi in vera calma
30Torbido d’alterezza Andro non pave,
A le splendide lodi intender lieto,
Che a Lui dotta eloquenza in auree prose
Comparte, ed orna, e fa di petto in petto
Gravide gir di maraviglia, e piene
35D’utile esemplo trionfar da l’alto.
Ma in qual’atto soave, in qual sembiante
Sopra ogni immaginar destro, e sereno
Non sel vedrebbe, anche al concorde canto,
Che a Lui tempriam su le dilette cetre,
35Noi celebrato stuol d’eletti Cigni,
Intento starsi, ed ammirar se stesso
D’altre immagini altere, e d’altri modi
Di |
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