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(LXXII.)

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  Nascon spontanei fiori, e veder fansi
  85A le Ninfe, a i Pastori, a l’aure, al campo
  Per natural schietta beltà leggiadri:
  Liberi, e pronti, e sol dischiusi, e desti
  Da volontario d’onorarti ardore,
  Al lampeggiar del tuo novello Culto
  90Nacquer’essi da Noi, da Noi si fero
  Sonar nel Tempio, e su le impresse carte
  Da noi son mossi, se non è soverchio
  Superba speme, a far di Te parole
  Con questa, e con quant’altre età verranno.
  95Nè soverchio superba è questa speme,
  Ne certo vana: Imperocchè, qual’erra,
  E spira dentro le incorrotte stille
  Di balsamo Sabeo dal tempo intatta
  Di vivifico odor aura gioconda,
  100Serpe per essi, e signoreggia, e splende
  In essi, e seco pur gli eterna ed erge
  Cara a le genti, ed arbitra de gli anni,
  De l’auree tue Virtù l’amabil luce.
E quando al nostro buon lavor, cui solo
  105Basti, o Spirto immortal, fusse pur’uopo
  D’altro ornamento, onde più a Te piacesse


E più

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