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da Dante, e fin nell’esilio suo, e all’ultimo di sua vita in nome de’ signori presso cui erasi rifuggito; nè dovette ciò farsi se non avesse Dante esercitato prima simili uffizi in patria, e non si fosse acquistato nome di buon ambasciadore, o, come diremmo noi, di buon diplomatico. Il fatto sta, che l’uffizio

più sovente esercitato, la specialità, il mestiere, per cosi dire, di Dante, fu appunto il diplomatico. Nè perciò s’immagini taluno le importanze, le eleganze, gli ozi e le lautezze delle presenti ambascerie; che allora, e molto tempo dopo, non erano a posto fisso gli ambasciadori; e ripatriavano appena terminato il negozio a cui erano spediti; e andavano e tornavano soli, a cavallo, e con si poca pompa, che sovente era con istenti, come si può vedere due secoli dopo ancora, ne’ dispacci e nelle relazioni del Machiavello.
La maggior prova, poi, della verità di tali ambascerie di Dante sta ne’ particolari dati dal Fiielfo, parecchi de’ quali combaciano co’fatti rammentati nelle storie. Ei le annovera così:"I° - Ai Sanesi, per li confini che Dante compose a suo talento. II° - Ai Perugini, per certi cittadini

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