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— Ah! ti amo, ti amo, ti amo! — gridava cento volte al giorno — Che cosa posso fare perchè tu comprenda quanto ti amo!

Fu un’epoca meravigliosa. Io non rimpiangevo nulla. Tutto il giorno (per me era sempre giorno... e sempre notte!) sentivo la presenza di Rosàlia, la sua carezza sul mio braccio, sul mio collo, sul mio viso. Appena movevo o stendevo la mia mano incontravo la mano sua, o la sua bocca che mi baciava, o sentivo sotto le dita i morbidi capelli di quella creatura abbattuta e prona accanto a me...


Venne il giorno in cui potei alzarmi dal letto.

Mi aggirai nel mio mondo di tenebre; andai tastoni, barcollando e brancolando, per la casa.

Poi m’avventurai nel giardino.

Poi per le strade.

Avevo paura, avevo terribilmente paura. Paura di ogni rumore, e il mondo pareva pieno di spaventosi fragori nuovi ch’io non avevo percepito mai! Avevo paura di cadere; paura di sbattere il viso contro un ostacolo; paura di mettere il piede in fallo; paura di attirare l’attenzione, di essere stravagante, di essere ridicolo, di essere compassionevole.

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