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146 | annie vivanti |
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— Tu non hai sparso che danno e devastazione intorno a te. Hai portato lo sfacelo e la sciagura, sempre, a chi ti ha amata...
— Sì!... sì!... È vero...
— Ed ora so che cosa tu vorresti! Vorresti perdere anche me... spingermi alla pazzia e al delitto! Ma non ci riuscirai; ah, no! non ci riuscirai.
Ella, singhiozzando, avviticchiata a lui si alzava, strisciando, aggrappandoglisi alle braccia, al collo. Ansava; ed egli ne sentiva l’affocato alito nel collo e sulle gote. Comprese che il vituperio non era per lei che una sferza alla sua fosca depravazione... E, inorridendo, sentì che l’odio diveniva un afrodisiaco alla loro torbida sensualità.
— Lasciami, — urlò, svincolandosi; — lasciami... o, per Iddio! ti ammazzo.
Ella ebbe un grido di ebbrezza, di gioia, alzando a lui il viso subitamente trasfigurato.
Fissandolo cogli occhi smisuratamente allargati, si allontanò da lui, indietreggiò verso il divano. Indietreggiò pur tenendolo sempre avvinto e immobile sotto l’ipnotismo del suo sguardo.
D’improvviso si chinò, raccolse con gesto fulmineo la scatoletta bianca, e si riabbattè su lui.