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— Tieni! tieni! tieni! — ansò. — Da te voglio la morte! da te! Ecco la fine che io ho sempre voluto, la fine che ho sempre sognato e che nessuno mi ha voluto dare! Nessuno, mai, mi ha odiata o amata abbastanza!... Ma tu, sì!... tu sì!

Alberto stringeva i denti, chiudeva i pugni, distogliendo il capo. Non voleva udirla, non voleva guardarla. Ma ella si avvinghiava a lui sempre più folle, più convulsa.

— Adorato! adorato! — singhiozzava, con un rantolo di spavento e di piacere in gola. — La morte, la morte! Dammela tu!

Tremando la respinse ancora. Ma ella gli si era abbattuta sulla bocca, gli beveva il respiro, e frattanto gli spingeva subdola e pervicace la scatoletta tra le mani.

Qualcosa sembrò spezzarglisi nel petto. Sentì traverso la commedia falsa e fittizia che recitava con lei, incombere imminente la tragedia, il delitto.

Ora i suoi sguardi andavano dal volto disfatto e contorto della donna a quella scatoletta aperta nel palmo della sua mano, piccolo rettangolo bianco in cui luccicavano le squame candide del veleno ignoto. E un pensiero gli venne, istantaneo come la folgore, ma così chiaro, così nitido come se

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