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Ar zor Carlo X Pe le Concrusione imparate all'ammente
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1830

PE' LA MADONNA DE L’ASSUNTA,
FESTA E COMPRIANNO1 DE MI' MOJJE.

      Mojje mia cara, a sto paese cane
Nun ze trova nemmanco a fà a sassate;2
E cquanno hai crompo3 un moécco4 de patate,
Fai passo5 ar vino e cquer ch’è peggio ar pane.

     Io pisto er pepe, sòno le campane,
Rubbo li gatti, tajjo l’óggna6 a un frate,
Metto l’editti pe’ le cantonate,
Còjjo7 li stracci e agliuto le ruffiane.

     Embè lo sai ch’edè cche cciariscévo?8
Ammalapena9 pe’ ppagàcce10 er letto:
Anzi, a le du’ a le tré,11 spallo12 e cciarlèvo.13

     Duncue che tt’ho da dà, ppòzzi èsse santa?
Senza cudrini14 ggnisun chirichetto
Disce Dograzzia15 e ggnisun ceco canta.16

Roma, 15 agosto 1830


Note

  1. Compleannos.
  2. Non si trova ad occuparsi in nulla.
  3. Comperato.
  4. Baiocco.
  5. [rinunzi forzatamente. Metafora presa dal gioco della passatella, sul quale vedi vol. VI, pag. 12, nota 4.]
  6. Le unghie.
  7. Raccolgo.
  8. Cos’è che ci ricevo?
  9. [A-mala-pena: appena appena.]
  10. Pagarci.
  11. Sovente.
  12. Do in fallo.
  13. Arlevarci: toccar busse.
  14. Quattrini.
  15. [Deo gratias.]
  16. [Senza cudrini nun canta er ceco. Proverbio.]

Note

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