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XLVIII.
ARMONIE DELLA SERA
La notte piombava dai campi celesti,
E gli uomini onesti — russavano già.
Il cielo era un bujo germoglio di stelle;
4S’empìa di fiammelle — la negra città.
Le serve ridevano di sotto alle porte;
Furtiva la Morte — salìa l’ospital.
Curvavansi in chiesa devoti e capoccie
8Sull’ultime goccie — dell’acqua lustral.
Cantavan nell’ampie caserme i tamburi.
Nei vicoli oscuri, — coll’ansia nel cor,
I giovani imberbi battevan le traccie
12Di pallide faccie, — di squallidi amor.
L’astronomo, insetto dell’atomo errante,
Giungeva anelante — sull’ermo manier;
E i bracchi annebbiavano, davanti ai camini,
16Gli sguardi indovini — di un sonno legger.
Il giuoco accendevasi nei turpi ridotti;
E maghi e sedotti, — con strana virtù,
Già ungean nella bile dell’anima immota
20La rapida ruota — del meno e del più.
Le madri, frattanto, cadean ginocchioni,
E in lunghe orazioni — chiedevan pietà....
La notte piombava dai campi celesti,
24E gli uomini onesti — russavano già.