< Penombre
Questo testo è stato riletto e controllato.
PRELUDIO
Meriggi

PRELUDIO





 
Noi siamo i figli dei padri ammalati;
     Acquile al tempo di mutar le piume,
     Svolazziam muti, attoniti, affamati,
                              Sull’agonia di un nume.4

Nebbia remota è lo splendor dell’arca,
     E già all’idolo d’or torna l’umano,
     E dal vertice sacro il patriarca
                              S’attende invano;8

S’attende invano dalla musa bianca
     che abitò venti secoli il Calvario,
     E invan l’esausta vergine s’abbranca
                             Ai lembi del Sudario...12

Casto poeta che l’Italia adora,
     Vegliardo in sante visioni assorto,
     Tu puoi morir!... Degli antecristi è l’ora!
                              Cristo è rimorto! —

 
O nemico lettor, canto la Noja,
     L’eredità del dubbio e dell’ignoto,
     Il tuo re, il tuo pontefice, il tuo boja,
                                   Il tuo cielo, e il tuo loto!20

Canto litane di martire e d’empio;
     Canto gli amori dei sette peccati
     Che mi stanno nel cor, come in un tempio,
                                             Inginocchiati.24

Canto le ebbrezze dei bagni d’azzurro,
     E l’Ideale che annega nel fango...
     Non irrider, fratello, al mio sussurro,
                                   Se qualche volta piango:28

Giacchè più del mio pallido demone,
     Odio il minio e la maschera al pensiero,
     Giacchè canto una misera canzone,
                                   Ma canto il vero!32


Novembre 1864.

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.