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XVI.
ALL'AMICO
Quando era colma l’anima
Di affetti e di armonie,
Ho prodigato al lastrico
Le esuberanze mie;
5E tracannai, beffandoli,
Vini di insulse ebrezze,
E dispersi carenze
Che ricordar non so.
Ma non mi infanghi il plauso
10Dell’ebete orgoglioso
Che urtai, fra gonne e calici,
Nel suo cammin famoso;
Se nei caffè sbadiglia
D’arte, per noia e moda,
15Che il nome mio non s’oda,
O ch’ei lo insulti io vo’!
L’insulto e la calunnia,
Sposati in un sorriso,
Non turberan, scontrandola,
20L’ironia del mio viso;
Nell’orgia e nella nebbia
Fui di un mio sogno in traccia,
Nè ho mai guardato in faccia
I corpi intorno a me.
25Tu, biondo e malinconico
Compagno di visioni,
Cui palpitando mormoro
Le torbide canzoni,
Tu sai le mie battaglie,
30Le mie superbie sai,
E presto mi vedrai
Venir ridendo a te;
E dirti: il ciuco e il ninnolo,
Il masso e la beghina,
35Son scesi a conciliabolo,
Una bella mattina,
E han giurata impossibile,
In nome del buon senso,
La cara arte ch’io penso
40Quella che pensi tu.
Arrigo, e alla materia
E all’azzurro ineggiando,
Le sordità del prossimo
Ritenterem, cantando,
45Forse profeti inutili,
Ma lieti, in santa guerra,
Gli aromi della terra,
Gli effluvii di lassù!