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XXXIII.
ALLA POVERELLA DELLA CHIESA
Elemosina a lei, la poverella
Che un dì fu bionda, giovinetta e bella.
Fulgida, allor, le garrule barriere
4Correvi in caccia di pupille nere,
Questuando il sorriso e la carezza
Benedicendo i cenci e l’allegrezza....
E forse ancora qualche vecchio amico,
8Dalla febbre e l’età fatto pudico,
Ti getta il soldo fra le vecchie coscie,
Ed entra in chiesa, e non ti riconosce!
Elemosina a lei che, a mane e a sera,
12Vaga in sogni di fame e di preghiera.
Come gli affreschi rosi e scolorati,
Come i fior che i devoti han condannati
A intisichir di noia e di fetore
16Fra le candele dell’altar maggiore;
Come tutto che langue, o manca o fugge,
Tutto che il tempo invola, e l’uom distrugge,
O vecchia cieca tu sei sacra e buona,
20E ben giri quaggiù la tua corona.
Elemosina a lei che a mane e a sera
Vaga in sogni di fame e di preghiera.
Chi, contemplando i mistici destini,
24Ama gli astri del ciel nei fiorellini;
Chi sente, al mar dei secoli curvato,
L’avvenir ricongiungersi al passato;
Chi abbandona, oltre il mondo, il crocefisso,
28Non entra in chiesa, ma ti guarda fisso,
E l’ignoto Signor nel tuo lo vede
Occhio pieno di morte, e pien di fede.
Elemosina a lei, la poverella
32Che un dì fu bionda, giovinetta e bella.