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XXVI.
DAMA ELEGANTE
Quella superba sua faccia serena
Passar la vidi tra la folla oscena,
E vidi gli occhi della folla ardenti
Sprofondarsi ne’ suoi,
5Come attoniti e opachi occhi di buoi.
Mordea la folla collo sguardo muto
Le nudità di latte e di velluto,
E correa, dietro i vaghi ondeggiamenti
Del morbido corsetto,
10I profili del largo, augusto petto.
E allor pensai che poichè brilla il sole
Sulle paludi e sulle verdi aiuole,
Irradïar poteva in una festa
La pura faccia di una donna onesta!
15Ma, seguendo il suo strascico di seta,
Il mio cor sospirava: — O bella creta,
Va, domanda alla Venere di Milo
La lista dei cretini
Che vide immoti a’ suoi piedi divini!...
20E sentirai dalla vetusta dea
Come la forma strangoli l’idea,
Come al vergine altar della bellezza
Sorga stolto e profano
Il basso incenso dell’ossequio umano!
25O bella creta passa nella festa
Poichè sei tanto bella e tanto mesta,
In mezzo all’orgia delle voglie, illesa;
Passa candida e altera e non compresa!
Adorino il tuo riso incantatore,
30Agognino al tuo fiato e al tuo pallore,
Bevan l’abisso delle tue pupille,
E l’aurora che vola
Dalle tue labbra colla tua parola....
Sarà l’inno del verme all’infinito,
35Sarà il ringhio che simula il ruggito,
Non sarà la bestemmia e la canzone
Che merita la donna,
Quando è l’angelo, il santo e la madonna!
E tu non sei del mondo, o bella creta,
40No, del mondo non sei, nè del poeta;
Nè del poeta, o stella passeggiera,
Nè del marito che ti abbranca a sera! —
Febbraio 1864.