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Vespri - Rondini Vespri - I Re Magi

XX.


NOX




Qui scrutator est majestatis opprimetur a gloria.

S. Paolo.


La luna tonda e placida
     In mezzo al ciel veleggia,
     Sol qualche muro squallido
     Di campanil biancheggia,
     Non batton fronda i platani
     Per le deserte vie,
     7Sparse di strane ombrìe.

Qui il tarlo, occulto e vigile
     Come le noje umane,
     Solo negli alti stipiti
     Morde il suo vecchio pane;
     Solo nelle mie tenebre
     Cerco il mio pane anch’io,
     14Cerco la fede in Dio!

E il mesto cuore interrogo
     Di tante larve amante,
     Su tante care imagini
     Nei dì perduti errante:
     Il cuore, il puro oceano
     Donde a inneggiar sorgea
     21La giovinetta idea.
     
E penso i dolci studii
     Di quando in mezzo a fiori
     Credea la mente avvolgersi
     E preparar colori,
     Di quando ancor sull’anima
     Sorridendo volava
     28L’avemaria dell’ava.
     
Allora ai belli esametri,
     Irti di sacre fole,
     La verità cantavano
     Le bibliche parole;
     Allor la bieca Eumenide
     Salutava, tremante,
     35La vergine di Dante.
     
Oh il padre eterno! il giudice
     Calmo, augusto, barbuto!
     Il Dio della famiglia
     Da bambinel veduto!...
     Forse perchè era vecchio
     E coperto di rai,
     42So che davver l’amai!

Ma le trombe di Gerico
     Tacquero una mattina:
     Sparve dal ciel degli angeli
     La tinta porporina,
     E innanzi a un muro orribile
     Torvo piantossi e altiero
     49Il dubbio, in manto nero.
     
E da quel dì mi seguita,
     Mi seguita indefesso:
     Da lungi or or guatavami,
     Mi sta sul collo adesso;
     Paziente come un monaco,
     Furbo come una strega,
     56Discute, afferma, nega;
     
E un’acre, ineluttabile
     Voluttà di dolore,
     E una superbia indomita
     E un fremito d’orrore,
     Come note di cembalo
     Che canta, o stride, o geme,
     63Coll’ugna rea mi spreme.
     
— O fedeli! o cattolici!
     Alme beate e pure,
     Nel dogma e nel misterio
     Dell’avvenir secure!
     Turba che ancora, attonito,
     Mi arresta per le vie
     70A udir le litanie,

Se, nei tranquilli vesperi,
     Da una socchiusa porta
     Odor d’incenso l’aria
     E cantici mi apporta....
     Deh, come sposi, o prossimo,
     La fede all’ignoranza,
     77L’ignoto alla speranza?

Poichè il dilemma, immobile
     Pesa sull’uom dal giorno
     Che ad un primo cadavere
     Si pose il fango intorno;
     Poichè non altro è il mistico
     Sole dell’emisfero
     84Che un luminoso zero!

Dove, dove migrarono
     I popoli pastori,
     Dove volâr gli spiriti
     Dei sofi e dei cantori?
     Che disse Giove olimpio?
     Osiride che disse?
     91Che fan le stelle fisse?

Dove svanîr le vergini,
     E le pietose donne?
     Ove son iti i bamboli
     E le povere nonne?
     Mentì il profeta o l’augure,
     L’apostolo, il bramino?
     98Chi giunse al Dio divino?

O fedeli, o cattolici,
     Pura e beata greggia!
     Mentre la luna candida
     In mezzo al ciel veleggia,
     Ti accarezza l’arcangelo
     Che veglia, accorto e bello,
     105Le tende d’Israello.

Dormi nei letti tiepidi
     O progenie d’Abele,
     E al capezzal ti piovano
     Sogni di rose e miele,
     Nè la beata moglie
     Ti risvegli russando,
     112Nè il queto bimbo urlando.

Dormi: la notte è fertile
     Di sante apparizioni,
     E nuota in lei più rapido
     L’estro delle canzoni;
     Io, Beniamini, io veglio
     Col mio negro compagno,
     119Io veglio, e non mi lagno.

Poichè il silenzio è un angelo,
     E un sacerdote anch’esso,
     E contemplar le tenebre
     È contemplar sè stesso,
     Nè son parole inutili
     I sibili e i sussurri
     126Che van pei campi azzurri.

Oh seguitarli in estasi,
     Fra stelle e nebulose;
     Dalla region dei fulmini
     Incenerir le cose;
     Dimenticar le fisime
     Delle superbe scuole,
     133E i pulpiti, e le stole!...

Poi quando stanca è l’anima,
     Povera spia del cielo
     Che fruga, e attende, e immobile
     Ha sempre agli occhi il velo,
     E quando si precipita
     Dal carro di Boote
     140Piangendo, e a mani vuote....

O fortunate lagrime,
     O povertà felice!
     Ti sta dell’uomo libero
     Il serto alla cervice,
     Baci un’antica, indomita
     Fede, e un immenso Iddio
     147Ti canta in cuor: Son Io! —

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