< Pensieri (Leopardi)
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CIII CV

CIV.

L’educazione che ricevono, specialmente in Italia, quelli che sono educati (che, a dir vero, non sono molti), è un formale tradimento ordinato dalia debolezza contro la forza, dalla vecchiezza contro la gioventú. I vecchi vengono a dire ai giovani: ‛fuggite i piaceri propri della vostra etá, perché tutti sono pericolosi e contrari ai buoni costumi, e perché noi che ne abbiamo presi quanti piú abbiamo potuto, e che ancora, se potessimo, ne prenderemmo altrettanti, non ci siamo piú atti, a causa degli anni. Non vi curate di vivere oggi; ma siate ubbidienti, sofferite, e affaticatevi quanto piú sapete, per vivere quando non sarete piú a tempo. Saviezza e onestá vogliono che il giovane si astenga quanto è possibile dal far uso della gioventú, eccetto per superare gli altri nelle fatiche. Della vostra sorte e di ogni cosa importante, lasciate la cura a noi, che indirizzeremo il tutto all’utile nostro. Tutto il contrario di queste cose ha fatto ognuno di noi alla vostra etá, e ritornerebbe a fare se ringiovanisse: ma voi guardate alle nostre parole, e non ai nostri fatti passati, né alle nostre intenzioni. Cosí facendo, credete a noi, conoscenti ed esperti delle cose umane, che voi sarete felici’. Io non so che cosa sia inganno e fraude se non è il promettere felicitá agl’inesperti sotto tali condizioni.

L’interesse della tranquillitá comune, domestica e pubblica, è contrario ai piaceri ed alle imprese dei giovani; e perciò anche l’educazione buona, o cosí chiamata, consiste in gran parte nell’ingannare gli allievi, acciocché pospongano il comodo proprio all’altrui. Ma senza questo, i vecchi tendono naturalmente a distruggere, per quanto è in loro, e a cancellare dalla vita umana la gioventú, lo spettacolo della quale abborrono. In tutti i tempi la vecchiaia fu congiurata contro la giovinezza, perché in tutti i tempi fu propria degli uomini la viltá di condannare e perseguitare in altri quei beni che essi piú desidererebbero a sé medesimi. Ma però non lascia d’esser notabile che, tra gli educatori, i quali, se mai persona al mondo, fanno professione di cercare il bene dei prossimi, si trovino tanti che cerchino di privare i loro allievi del maggior bene della vita, che è la giovinezza. Piú notabile è, che mai padre né madre, non che altro istitutore, non sentí rimordere la coscienza di dare ai figliuoli un’educazione che muove da un principio cosí maligno. La qual cosa farebbe piú maraviglia, se giá lungamente, per altre cause, il procurare l’abolizione della gioventú, non fosse stata creduta opera meritoria.

Frutto di tale cultura malefica, o intenta al profitto del cultore con rovina della pianta, si è, o che gli alunni, vissuti da vecchi nell’etá florida, si rendono ridicoli e infelici in vecchiezza, volendo vivere da giovani; ovvero, come accade piú spesso, che la natura vince, e che i giovani vivendo da giovani in dispetto dell’educazione, si fanno ribelli agli educatori, i quali, se avessero favorito l’uso e il godimento delle loro facoltá giovanili, avrebbero potuto regolarlo, mediante la confidenza degli allievi, che non avrebbero mai perduta.

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