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XIII.

maggio 1903.

Non senza dolore ho appreso la notizia della morte di Alinda Brunamonti. Perugia ha perduto il suo migliore ornamento, Italia la sua prima poetessa: prima, delle presenti e, oserei dire, delle passate, non esclusa Vittoria Colonna tortoreggiante alla petrarchesca: prima, per profondità di pensiero, per finezza d’arte, per italianità di lingua e di stile. La sua mente, osservatrice malinconica dei fenomeni della vita universale, coglieva rapporti inaspettati fra gli oggetti del mondo visibile e invisibile, armonie nuove tra la ragione e il sentimento, tra la scienza e la fede, e li esprimeva con tal delicatezza di colori e di suoni, da lasciare nell’animo del lettore un senso misterioso come di una voce di altre sfere.

Ad Alinda Brunamonti daranno i posteri quella gloria che ella non cercò, nè avrebbe voluto ottenere in tempi, in cui la gloria si scambia con la nomea, e per ottenerla son necessarie quelle arti che agli uomini generosi ripugnano più di la perpetua oscurità.

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