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II. 1

maggio 1899.


Nel ’67, quando correva voce di probabili alleanze con la Prussia, io ancor giovinetto scriveva: «L’Italia non ha, nè può, nè deve avere altra alleata che la Francia, con la quale ha terreno contiguo, aspirazione di interessi comuni, lingua e costumi affini e quasi medesimi. Interessa ad entrambe l’aiutarsi e difendersi fraternamente, chè ogni nemico di nostre istituzioni e dell’esser nostro è nemico della esistenza e delle istituzioni francesi».

E nell’82, quando certe sanguinose risse fra lavoranti francesi e italiani sollevavano sdegni e alimentavano antipatie fra i due popoli, io mi auguravo non lontano l’accordo.


«Giorno verrà, nè sia lontan, che, dòma
L’Idra che le fraterne ire ridesta,
In un patto d’amor Lutezia e Roma
                Trionferan: su questa

Ciurma, ch’or siede insidiosa al temo
Ed arma occulta alle due genti il braccio,
Giustizia piomberà qual falco, e al remo
                Dannerà gli empi e al laccio:


Mentre sui troni eversi e l’are infrante
Voi poserete sorridenti il guardo,
Sacre teste canute, anime sante
                Dell’Hugo e del Nizzardo».

Che questo giorno augurato sia venuto non oserei affermare; ma che il ravvicinamento commerciale e letterario fra le due generose nazioni sia foriero di un’intesa fraterna nei comuni ideali, è speranza che non resterà senza effetto.

  1. Per una inchiesta sul «Ravvicinamento franco -italiano».

Note

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