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Capitolo Quarto.
Vide per la prima volta Yann, il giorno dopo il suo arrivo,
al pellegrinaggio degli Islandesi, che si celebra in onore
della festa di Nôtre Dame de Bonne Nouvelle, patrona
dei pescatori. Grande strepito in Paimpol, suoni di campane,
canti di preti. Canzoni, nelle osterie, vecchie arie di
marinai, vecchi lamenti venuti dal mare. Gruppi di marinai
si davano il braccio andando a zig-zag nelle strade,
per abitudine di girare e per un principio di ubbriachezza,
gettando alle donne degli sguardi più vivi dopo
le lunghe continenze del largo. Gruppi di ragazze, in
cuffie bianche, dai bei petti chiusi e frementi, dei begli
occhi pieni di desideri. Vecchie case di granito rinchiudenti questo brulichio di mondo; vecchi tetti testimoni eterni delle lotte di più secoli contro i venti d'ovest, le nebbie e le piogge, contro tutto ciò che lancia il mare. Al lato delle osterie, la chiesa seminata di foglie, la scalinata, tutta aperta in un grande vano scuro col suo odore d'incenso, con i suoi ceri nella sua oscurità ed i suoi ex-voti di marinai, dapertutto attaccati alle sante volte. Presso le ragazze in amore, le fidanzate dei marinai scomparsi, le vedove dei naufragati, uscendo dalle
cappelle dei morti con i loro lunghi scialli di lutto, e
le loro piccole cuffie lisce, gli occhi a terra, silenziose,
passavano in mezzo al chiasso della vita, lugubremente.
E là vicino, il mare sempre, la grande nutrice e la grande divoratrice di queste vigorose generazioni, si agitava anche esso, come prendendo la sua parte di festa...
Di tutto quest’insieme di cose Gaud serbava un’impressione assai confusa. In fondo al cuore ella si sentiva presa da una strana specie di angoscia all’idea che questo paese era divenuto il suo per sempre. Davanti a lei un gruppo d'«Islandesi» si era fermato voltandole il dorso. E in principio, colpita da uno di essi, che aveva una figura di gigante e delle spalle quasi troppo grandi, ella aveva esclamato con una lieve sfumatura di burla:
— Eccone uno che è grande!
Vi fu quasi una specie di sottinteso nella sua frase quasi volesse dire: «Per quella che lo sposerà, che ingombro nella sua casa un marito di quella statura!»
Egli si era voltato come avesse inteso e dalla testa ai piedi l’avviluppò di uno sguardo che sembrava dire «Chi è questa che porta la cuffia di Paimpol e che è così elegante, e che non ho vista mai?
E subito però i suoi occhi si erano abbassati, e si vedeva della sua testa soltanto i capelli neri che erano molto lunghi e molto ricci, dietro, sul collo. Avendo domandato senza impaccio il nome d’una quantità di altri, non aveva osato domandare quello di lui. Quel bel profilo appena scorto, quello sguardo superbo ed un poco selvaggio; quelle pupille brune leggermente fulve, quegli occhi grandi, che davano a chi li guardava quasi soggezione, tutto ciò l’aveva impressionata ed intimidita anche.
Era questo il «figlio Gaos» di cui aveva sentito parlare dai Moan, come di un grande amico di Silvestro; la sera di quello stesso pellegrinaggio, Silvestro e lui, camminando a braccetto, avevano fermato lei e suo padre per salutarli. Questo piccolo Silvestro era tutt’assieme diventato per lei un caro fratello. Come cugini, avevano continuato a darsi del tu: è vero che ella da prima aveva esitato davanti questo giovanotto di diciassette anni, con una barba già nera e folta, ma gli occhi buoni di fanciullo, così dolci, non erano per niente cambiati, così l’aveva ben presto riconosciuto. Quando egli veniva a Paimpol, lo faceva restare a pranzo da lei la sera; ed egli mangiava di buon appetito, felicissimo.
In verità Yann non era stato molto gentile con lei nella prima presentazione, alla giravolta di una piccola strada grigia, tutta carica di rami verdi. S’era limitato a toccare il suo cappello con un gesto quasi timido, non molto nobile, poi avendola guardata con quel suo sguardo profondo aveva voltati gli occhi dall’altro lato, sembrava di essere scontento di questo incontro, quasi avesse fretta di continuare il suo cammino.
Una grande brezza di ovest, che si era levata durante la processione, aveva seminato per terra dei rami di bosco, e proiettava nel cielo delle tinte grige, nere......
Gaud nel suo fantasticare di ricordi, rivedeva molto bene tutto ciò; questa triste invasione della notte, le lenzuola bianche tempestate di fiori che si torcevano al vento lungo le mura, i numerosi gruppi d’islandesi, gente di venti e di tempeste, che entravano cantando negli alberghi per ripararsi dalla pioggia; soprattutto questo grande giovanotto ben piantato, in piedi innanzi a lei, girando la testa con un’aria annoiata e turbata quasi di averla incontrata.... Che profondo cambiamento si era operato in lei da quel tempo!..... E che differenza tra il chiasso di quella festa e la tranquillità di oggi! Come quel medesimo Paimpol era silenzioso e vuoto quella sera, durante il lungo crepuscolo tiepido di maggio che la riteneva alla sua finestra, sola, sognante e innamorata.