< Pescatori d'Islanda < Parte II
Questo testo è completo.
Pierre Loti - Pescatori d'Islanda (1886)
Traduzione dal francese di Carlo De Flaviis (1911)
Capitolo IX
Parte II - Capitolo VIII Parte II - Capitolo X

Capitolo Nono.


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Silvestro aveva preso il largo, andando per quei mare sconosciuto, molto più azzurro di quello d1 Islanda. Il naviglio che lo portava nell’estrema Asia, aveva ordine di affrettarsi.

Già aveva coscienza di essere molto lontano, per quella sveltezza uguale, incessante, non preoccupata dal vento e dal mare. Si erano fermati due volte sulle coste di Tunisi, per prendere ancora degli zuavi e dei muletti; egli aveva scorto molto lontano delle bianche città sulla sabbia o sui monti; era anche disceso per guardare curiosamente degli uomini molto neri, vestiti di veli bianchi che erano venuti nelle barche per vendere dei frutti; gli avevano detto che erano i Beduini. Questo caldo, questo sole, ancora cocente, malgrado la stagione d’autunno, gli davan l'impressione di un disorientamento estremo.

Un giorno si arrivò ad una città chiamata Port-Said. Tutte le bandiere di Europa, all’estremità delle lunghe aste sventolavano dando loro un’aria di Babele in festa, e sabbie lucenti la circondavano come un mare abbagliante.

Mai, dopo la partenza, aveva visto così vicino l’altro mondo e questa agitazione, questa profusione di battelli l’aveva molto distratto.

Con uno strepito continuo di fischi e di sirene a vapore tutti questi navigli si avanzavano in una specie di lungo canale, stretto come un fossato, che fuggiva in linea argentata nell’infinito delle sabbie. Su quella già circolavano tutte le specie di costumi; degli uomini in vestiti di vario colore, che gridavano gesticolando. E la sera, ai fischi diabolici delle macchine, era venuto a mischiarsi lo strepito confuso di parecchie orchestre che suonavano musiche molto suggestive come per mitigare il rimpianto delle anime in dolore.

Al mattino, sin da quando si levò il sole, erano entrati anche nello stretto spazio di acqua tra le sabbie, seguiti da una corda di battelli di tutti i paesi. Era durata due giorni questa passeggiata nel deserto; poi un altro mare si era aperto davanti ad essi, ed avevano ripreso il largo.

Si andava con grande sveltezza, sempre; questo mare caldo aveva alla sua superficie degli scherzi rossi e qualche volta la schiuma battuta dalla scia aveva il colore dei sangue.

Egli restava quasi tutto il tempo nella sua coffa cantando a bassa voce lui solo Jean - Frangois de Nantes per ricordarsi di suo fratello Yann, dell’Islanda e del bei tempo passato.

Qualche volta vedeva apparire qualche montagna di sfumature straordinarie. Quelli che portavano il battello conoscevano, senza dubbio, malgrado la distanza, questi capi avanzati di continenti che sono come dei punti di riscontro sui grandi cammini del mondo. Ma quando si è gabbiere, si naviga, portati come una cosa, senza niente sapere, ignorando le distanze e le misure dello spazio che non finisce mai. Egli, avvertiva soltanto la sensazione di un allontanamento spaventevole, che aumentava sempre.

Abbasso, sul ponte, la folla, gli uomini ammassati all’ombra delle tende respirando pesantemente, l’acqua, l’aria, la luce avevano preso uno splendore malinconico e opprimente..... Una volta nella sua coffa egli si divertì per una frotta di piccoli uccelli di razza sconosciuta che vennero a gettarsi sul battello come un turbine di polvere nera. Essi si lasciavano prendere e carezzare, non potendone più. Tutti i gabbieri ne avevano sulle loro spalle. Ma ben presto, i più stanchi, cominciarono a morire..... Essi venivano dai grandi deserti, spinti dal vento della tempesta. Per paura di cadere nel mare si erano posati, con un ultimo volo sfinito, su quel battello che passava. Nel fondo di qualche regione lontana della Lybia la loro razza era pullulata senza misura e se ne erano avuti troppo: allora la madre snaturata, aveva scacciato i piccoli uccelli con la stessa impassibilità che se si fosse trattato di una generazione di uomini.

Ed essi morirono tutti sul battello; il ponte era seminato dei loro piccoli corpi, che ieri palpitavano di vita, di canto e di amore.... Silvestro ed i gabbieri li raccoglievano, stendendo nelle loro mani, con un’aria di commiserazione, le loro ali bluastre, e poi li seppellivano nel mare. Si navigò ancora per molti giorni, a traverso un azzurro inalterabile, vedendo soltanto dei pesci che, qualche volta, comparivano sulla superficie delle acque.

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