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A BERNARDINO TELESIO
Questo libro è dovuto a te, che io riconosco primo tra gl’investigatori deU’antichissima filosofia degl’italiani. Per opera tua l’Europa vide succedere la prima volta alle idee dell’aristotelismo quelle di Parmenide; e, sebbene i tempi non ti permisero d’innalzare il nuovo edificio con felicitá eguale a quella colla quale avevi distrutto l’antico, pure ti rimane sempre la non piccola gloria di aver il primo indicata la nuova via, per la quale tanti progressi han fatto coloro che son venuti dopo di te.
Le idee degli uomini son quali l’etá in cui vivono vuole che sieno, e noi allora meglio intendiamo le cose degli antichi, quando il corso de’ tempi ne ha fatte nascer delle simili tra noi. L’Italia ha veduto ai tempi nostri gli stessi cangiamenti politici che videro l’una e l’altra Grecia, lo stesso lottar di partiti, lo stesso ondeggiar di opinioni, gli stessi funesti effetti che tutte le opinioni producono quando sono spinte agli estremi. E, sebbene io non mi lusinghi che il mio libro possa vincere gli anni e l’obblio, pure, anche senza di esso, gl’italiani faranno il paragone degli avvenimenti delle due etá, e renderanno le dovute lodi a quei guerrieri generosi, li quali hanno saputo imporre con mano potente un freno all’anarchia delle idee e degli ordini, ed accordare un asilo sicuro alla filosofia minacciata dell’ultimo sterminio tanto da quelli che nulla volean riformare, quanto da quelli che tutto volean distruggere; ed a quel nostro magistrato, che, imitando Archita, non altra norma propone alle sue azioni che l’umanitá e la liberalitá de’ principi e l’amor della patria.